Andy Warhol ha trasformato il concetto di arte con un’idea rivoluzionaria: utilizzare nelle sue opere le immagini familiari della produzione e della cultura di massa. Nessuno prima di lui aveva mai rappresentato un barattolo di zuppa o una bottiglia di Coca-Cola!
Grafico, illustratore, pittore e regista, Andy Warhol è stato il padre della Pop Art ed è sicuramente uno degli artisti più influenti del XX secolo. Nato a Pittsburgh, dopo la laurea in Arte Pubblicitaria nel 1949 si trasferisce a New York in cerca di fortuna e inizia a lavorare nel mondo della pubblicità per Vogue e Glamour. Ma la sua strada è la pittura e inizia ad esporre in gallerie locali. Fin dal 1962 lavora nella sua Factory, un’ex fabbrica trasformata in laboratorio creativo, un’officina di lavoro collettivo ma anche un luogo di ritrovo e feste per intellettuali e artisti dove passano le menti più brillanti e significative dell’epoca: Nico e i Velvet Underground, Truman Capote, Mick Jagger, Jim Morrison ma anche Salvador Dalì e Allen Ginsberg.
Warhol trova la sua ispirazione nella società consumistica nata nel dopoguerra e prende come soggetti delle sue opere i prodotti di consumo di massa, i miti e le celebrità del suo tempo. Cose e persone nelle sue opere diventano indistintamente oggetti del desiderio e icone pop.
Campbell’s Soup Cans – 1962
I barattoli di zuppa Campbell sono forse l’opera più famosa di Andy Warhol e anche quella che probabilmente ha segnato la nascita della Pop Art, dando vita a uno dei movimenti artistici più diffusi e conosciuti negli Stati Uniti e nel mondo.
Warhol mangiava quotidianamente le zuppe in barattolo della Campbell nel suo studio (che infatti era pieno di lattine di zuppa vuote e bottigliette di Coca-Cola). All’epoca queste zuppe venivano prodotte in 32 gusti diversi e Warhol le rappresenta tutte in altrettante tele tele realizzate in stampa serigrafica e perfezionate a mano. Le lattine sono rappresentate tutte allo stesso modo con l’unica differenza del nome sull’etichetta.
Al momento di esporle alla Ferus Gallery di Los Angeles nel 1962, le tele vennero disposte in file ordinate proprio come in uno scaffale del supermercato. La critica accolse l’opera con iniziale indifferenza ma le polemiche sull’opportunità di rappresentare degli oggetti di consumo così ordinari e banali, contribuirono ad aumentare la notorietà di Warhol e la sua idea di arte trasgressiva e provocatoria.
“Tutti gli scandali aiutano la pubblicità, perché non c’è migliore pubblicità della cattiva pubblicità”.
Green Coca-Cola Bottles – 1962
Nel 1962 Andy Warhol passa dalla pittura alla stampa serigrafica, una tecnica utilizzata nel mondo della pubblicità che gli consente di riprodurre in serie lo stesso soggetto infinite volte. In questo modo l’artista può perseguire più facilmente sua idea per cui l’arte deve essere consumata come un qualsiasi altro prodotto commerciale.
Molti artisti hanno realizzato versioni diverse di una stessa opera d’arte (basti pensare a Monet e i 30 dipinti della Cattedrale di Rouen) ma Warhol stravolge il significato di questa pratica e la porta alle estreme conseguenze, dissacrando il concetto di unicità dell’opera d’arte e inaugurando con le sue opere seriali la democratizzazione dell’arte.
Green Coca-Cola Bottles è una delle prime serigrafie di Andy Warhol e rappresenta 112 bottiglie di Coca-Cola disposte in una griglia 16×7. Ogni bottiglia è leggermente diversa dall’altra e presenta piccole differenze nel colore o nella posizione così che l’impressione generale è allo stesso tempo quella di un’opera fatta a mano e di una rappresentazione standardizzata e ripetuta in serie.
Guarda il video e scopri la tecnica serigrafica usata da Andy Warhol
Le tante “Marilyn” di Andy Warhol
I due temi principali che accompagnano la carriera artistica di Andy Warhol sono 1) l’esplorazione della fama e della celebrità e 2) la tragedia e la morte.
Marylin Monroe rappresentava l’incarnazione di bellezza, fama e successo, finiti improvvisamente in maniera tragica; la sua morte fu uno shock collettivo. Warhol riprodusse per la prima volta il ritratto di Marylin nel 1962 soltanto pochi giorni dopo la morte della diva di Hollywood.
L’immagine originale era una foto promozionale del film Niagara (1953) resa bidimensionale grazie a un forte contrasto e riprodotta in 50 versioni diverse 25 a colori e 25 in bianco e nero a rappresentare il dualismo celebrità / morte. Negli anni successivi l’artista tornò diverse volte sull’immagine di Marylin rielaborandola e creandone nuove versioni. Nel 1967 realizzò una nuova serie di 10 ritratti con la serigrafia fotografica, ormai il suo mezzo distintivo. Ognuna di queste grandi tele si presenta con una gamma cromatica diversa in differenti combinazioni di colori piatti e sgargianti, con effetti di solarizzazione e viraggio fotografico che cambiano completamente la percezione dell’osservatore. La ripetizione delle immagini depersonalizza il soggetto e lo trasforma allo stesso tempo in un’icona immortale, capace di vivere per sempre nella sua arte.
“La cosa migliore di una fotografia è che non cambia mai, anche quando le persone in essa lo fanno”.
Marylin, la musa di Andy Warhol
Oltre a Marylin l’artista ha creato serigrafie di Elvis Presley, Elizabeth Taylor, Jackie Kennedy, Marlon Brando, la Regina Elisabetta o presidente del Partito Comunista Cinese Mao Tse-Tung.
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La Banana (con sorpresa) per l’album dei Velvet Underground – 1967
Una sera del 1966 al Cafe Bizarre nel Greenich Village, Andy Warhol ascolta per la prima volta i Velvet Underground in concerto. Sono una band emergente, alternativa e d’avanguardia dall’attitudine anticonformista. Li invita nella sua Factory e nel 1967 decide di produrre il loro primo album The Velvet Underground & Nico creando la copertina di uno dei dischi più influenti della storia del Rock.
L’album è anche conosciuto come il “banana album” per la sua celebre copertina con una banana gialla e la firma di Andy Warhol, senza nemmeno il nome del gruppo o il titolo dell’album. Sulle prime copie compare la scritta “peel slowly and see” (sbuccia lentamente e vedi) che invita a staccare la buccia di pellicola adesiva per rivelare al di sotto una banana rosa shocking, chiara allusione a un membro maschile.
Con questa immagine iconica Warhol riuscì a interpretare perfettamente lo spirito trasgressivo e provocatorio dell’album e i testi scabrosi della band, a base di sesso e droga.
Big Electric Chair – 1967
Oltre a quello delle celebrità, un’altra tematica ricorrente nella produzione di Warhol è Death and Disaster, l’esplorazione della morte violenta, incidenti stradali, suicidi, armi e teschi, con la rielaborazione di immagini cruente trovate sui magazine o sui quotidiani dell’epoca. Warhol riconosceva il potere delle immagini dei media diffuse nella cultura americana e si è appropriato di queste immagini come materiale di partenza per le sue opere d’arte. Crash ed Electric Chair sono le due serie più famose, espressione della fascinazione morbosa del pubblico per la morte e la violenza.
Big Electric Chair del 1967 è una delle tante diverse versioni di una sedia elettrica vuota nella stanza delle esecuzioni capitali. La cosa scioccante di questa serie è la contrapposizione fra la cupezza dell’immagine che evoca la morte e la vivacità dei colori con cui viene riprodotta. La sensazione macabra e inquietante deriva proprio dall’uso di colori vivaci e allegri in tale contesto. Ma anche in questo caso la ripetizione ossessiva del soggetto lo svuota della sua essenza e lo rende un simbolo astratto, decontestualizzandolo dal suo reale significato e generando così una tranquillizzante assuefazione visiva.
“Più a lungo guardi esattamente la stessa cosa esatta, più il significato scompare e tu ti senti meglio e più vuoto. Quando vedi un’immagine raccapricciante più e più volte, in realtà non ha alcun effetto”.
Triple Dollar Sign – 1982
Warhol era ossessionato dal denaro probabilmente perchè la sua famiglia di origine di immigrati slovacchi era molto povera. Amava il denaro e amava disegnarlo e dipingerlo, fin dall’inizio degli anni ’60. Warhol una volta ha scherzato:
“Avevo chiesto suggerimenti a circa 10 o 15 persone. Alla fine un’amica ha posto la domanda giusta:
Beh, cosa ami di più?
È così che ho iniziato a dipingere soldi”.
Warhol inizia a dipingere il denaro nel 1962 ma è nel 1981 che si dedica a una serie incentrata sul simbolo del dollaro con disegni, dipinti e serigrafie. A differenza di altre opere in cui partiva da un’immagine fotografica preesistente, in questo caso ha disegnato personalmente a mano i simboli del dollaro perchè non riusciva a trovare niente che riuscisse a dare l’effetto drammatico che cercava. Pur con un approccio tecnico diverso, anche in questo caso l’artista prende come soggetto un simbolo della cultura popolare americana, un segno sinonimo di successo, celebrità e glamour.
“Fare soldi è arte e lavorare è arte e i buoni affari sono l’arte migliore”.
The Last Supper, l’ultima cena di Andy Warhol – 1987
Last Supper è una serie di opere che rielaborano il celebre Cenacolo di Leonardo da Vinci. Fu realizzata su richiesta del gallerista Alexandre Iolas per il suo spazio espositivo a Palazzo Stelline a Milano, proprio di fronte alla chiesa dove si trova il dipinto di Leonardo.
Partendo da una riproduzione commerciale del Cenacolo, l’artista ha creato quasi 100 opere di diverso formato fra serigrafie, dipinti e opere su carta in cui reinterpreta il dipinto in chiave pop attraverso l’ingrandimenti dei dettagli, l’aggiunta di loghi pubblicitari, campiture di colore e integrazioni con ritocchi pittorici realizzati a mano. Anche l’Ultima Cena, proprio come i barattoli di zuppa o la Coca-Cola, diventa così un prodotto di consumo riproponendo una riflessione sul modo in cui ci relazioniamo con l’arte.
Questa è anche l’ultima serie di opere realizzata dall’artista. Andy Warhol morì nel 1987 , soltanto un mese dopo l’inaugurazione della mostra, in seguito alle complicanze di un intervento chirurgico. La sua opera però è rimasta e ha cambiato per sempre l’arte moderna, proprio come lui desiderava.
“L’idea non è quella di vivere per sempre; è creare qualcosa che lo farà”.
Una rassegna edaustiva su A W e le motivazioni della sua pop-art. Questo è diffondere cultura.
MA CHE CULTURA? PURE IO SO FARE QUELLE COSE.
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